Vigil di Caterina Barbieri e Ruben Spini (IT)

Si è recentemente conclusa la mostra Future Shock ai 180 Studios di Londra. La mostra consisteva in un viaggio attraverso quattordici installazioni video, multimediali o sonore (o tutte queste tre cose insieme). Lo spazio brutalista dei 180 Studios è, come sempre, perfetto per questo tipo di eventi: i suoi muri spogli, i tubi a vista, le scritte con il pennarello per indicare le sezioni degli impianti ci invitano a spogliarci di ogni sovrastruttura personale e a lasciarci coinvolgere da queste opere immersive.

La qualità delle installazioni era variabile: alcune non mi hanno comunicato gran che, alcune erano belle da vedere ma concettualmente non particolarmente originali e una manciata era veramente notevole. In questa manciata ce n’è una che mi ha commossa: è Vigil di Caterina Barbieri e Ruben Spini.

Caterina Barbieri è una musicista e compositrice. La sua musica è elettronica, minimalista e introspettiva. Vigil è la sua prima installazione multimediale e si avvale della collaborazione di Ruben Spini, che cura abitualmente i visual delle sue performance.

C’è un’immagine di sfondo, una sorta di paesaggio astratto minimalista dai colori accesi, e c’è un soundscape, Broken Melody, tratto dall’ultimo album della musicista, Spirit Exit. A fare da cesura tra questi due elementi c’è un blocco di ghiaccio appeso al soffitto, al centro della scena, con l’impronta di una mano. Il messaggio di assenza e di isolamento è forte e palese e si collega idealmente al periodo del lockdown, durante il quale è stata scritta Broken Melody.

Ora, trovare elementi materici nelle installazioni contemporanee è molto comune. Ma la genialità di Vigil sta nel fatto che il ghiaccio è materia in divenire e la sua trasformazione avviene davanti a noi, a una velocità che cambia a seconda della temperatura circostante. Le gocce che cadono sul pavimento formano una pozzanghera dalla forma casuale che riflette l’immagine della proiezione. Si può scegliere da che parte stare rispetto al blocco di ghiaccio che è come un portale e guardare l’immagine direttamente, senza filtro. Oppure si può osservare come la proiezione cambi con l’assottigliarsi della materia o attraverso l’impronta della mano. Oppure ancora, si può guardarla riflessa nella pozzanghera, con le piccole onde create dalle gocce che cadono costantemente. Il tutto accompagnati da una musica eterea e ipnotica.

Insomma, l’installazione migliore di Future Shock era quella di una musicista. Che non vedo l’ora di andare ad ascoltare in concerto al Barbican Centre in ottobre.

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