The Currency, la nuova provocazione di Damien Hirst (IT)

Damien Hirst è l’enfant terrible dell’arte contemporanea. Riesce sempre a stupirci, con gli animali in formaldeide, i teschi rivestiti di diamanti o con i mandala fatti con ali di farfalle. Ci stupisce, certo, ma ci pone anche delle domande, ad esempio sulla vita e la morte, su cosa sia etico o sul valore dell’arte. Anche con la sua nuova iniziativa, The Currency, Hirst riesce a spuntare tutte queste caselle.

The Currency (23 settembre-30 ottobre alla Newport Street Gallery di Londra) è una mostra anomala. Le sale sono occupate da rastrelliere in plexiglass i cui 10.000 spazi totali sono occupati o meno dalle pitture con i puntini colorati di Hirst (prezzo originario: $2.000 ciascuna).

In realtà, The Currency è più simile a una performance. Nei mesi scorsi, i proprietari delle pitture hanno potuto scegliere se tenere l’opera fisica oppure optare per il corrispondente NFT. NFT sta per Non-fungible Token: si tratta di un gettone virtuale scritto su blockchain e associato a beni tangibili o intangibili. Coloro che hanno scelto di passare all’NFT (quasi la metà) avranno la loro opera fisica, attualmente esposta nella rastrelliera, bruciata in una delle stufe installate per l’occasione alla Newport Street Gallery.

I proprietari sanno quando la loro opera verrà bruciata e potranno andare ad assistere di persona, quasi fosse un funerale con tanto di forno crematorio. Lo stesso Hirst ha deciso di passare all’NFT per la totalità delle opere di questa serie in suo possesso.

C’è la provocazione, c’è la riflessione sulla morte, c’è la sfida morale (è etico bruciare un’opera d’arte di un certo valore?), ma soprattutto si pone un’enorme questione sulle direzione che il collezionismo d’arte sta prendendo. Premetto che su questo aspetto sono molto old school.

Per me il collezionismo d’arte è prima di tutto un piacere personale, è il circondarsi di opere che ci ispirano e, in ultima analisi, migliorano la qualità della nostra vita. L’arte è certamente anche un investimento e soprattutto certa arte contemporanea (Hirst compreso) è in forte crescita. Però questo passaggio all’NFT mi fa pensare che l’aspetto finanziario sia ormai preponderante. E allora, perché non comprare direttamente azioni o bond?

Si può obiettare: ma tu puoi ugualmente vedere l’opera, solo attraverso uno schermo di computer, e così ti liberi anche di tutti i problemi di conservazione e sicurezza. Vero, ma se sei un collezionista d’arte, in generale dovresti essere anche in grado di poter pagare per un’assicurazione e per comprare un buon sistema di allarme. E poi, guardare un’opera da vicino, osservare la fisicità delle pennellate non è sostituibile con uno schermo. Fate la prova guardando un Van Gogh dal computer e dal vero. A questa osservazione, mi è stato obiettato: il futuro va verso altre forme di fruizione. Con gli ologrammi, ad esempio, sarai in grado di vedere anche la fisicità dei materiali e delle pennellate. Praticamente come andare a vedere il concerto virtuale degli ABBA. Che è costantemente sold out, anche se non è per niente economico. Ma siamo sicuri che questo futuro ci piaccia?

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