Le stanze rinascimentali

Il Rinascimento è stato un periodo artisticamente rivoluzionario. Una delle grandi novità che lo caratterizzano è che, dai Medici in poi, si fa strada la consuetudine delle committenze private delle opere d’arte, laddove in passato i committenti erano per lo più membri della Chiesa. Questa novità portò all’introduzione di nuovi linguaggi e di nuovi soggetti, più laici e, spesso, con risvolti politici.

Un elemento per capire a fondo le motivazioni delle committenze private è rappresentato dall’ambiente cui queste opere erano destinate. Proverò a spiegare questo concetto utilizzando tre celebri pitture esposte alla National Gallery di Londra.

La prima è Bacco e Arianna di Tiziano. Essa era stata commissionata da Alfonso d’Este per il suo Camerino d’Alabastro del Palazzo Ducale di Ferrara, una stanza privata dove il duca andava a rilassarsi e a trarre ispirazione, circondato da bellissime pitture. Alfonso d’Este commissionò le opere che dovevano adornare il suo Camerino agli artisti più importanti del suo tempo: Tiziano, Bellini, Dosso Dossi, Raffaello, Michelangelo e Fra Bartolomeo. Fra Bartolomeo e Raffaello morirono prima di completare le loro opere, mentre Michelangelo non consegnò il lavoro. Tiziano dipinse tre opere, fra cui Bacco e Arianna, e non si risparmiò su nulla (qualità dei materiali, dettagli della scena, riferimenti intellettuali), probabilmente perché sentiva il peso della competizione con gli altri artisti.

Una funzione simile a quella del Camerino di Alfonso d’Este aveva la Camera di Lorenzo a Palazzo de’ Medici. Da essa proviene il ciclo di tre opere raffiguranti la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Anche qui siamo in presenza di una committenza privata, ma di Leonardo Salimbeni, un ricco fiorentino. Al momento di morire, Salimbeni, che aveva sei figli, lasciò in eredità la sua casa con tutto il contenuto ai tre figli più piccoli, suscitando l’ira dei figli maggiori che chiamarono il personaggio più eminente di Firenze, Lorenzo de’ Medici, come arbitro della diatriba. Lorenzo de’ Medici restò folgorato dal ciclo di pitture e, semplicemente, chiamò i suoi operai per staccarle e portarle a casa sua. Queste pitture erano state concepite per le pareti voltate di Palazzo Salimbeni. In quella esposta alla National Gallery si vede chiaramente come sia stata tagliata la parte superiore per riportarla a una forma rettangolare più confacente al nuovo ambiente.

Lorenzo de’ Medici si innamorò di quest’opera perché raccontava la storia di una battaglia cruenta vinta dalla città di Firenze, guidata da Nicola da Tolentino, contro Genova, Lucca e Milano. Ma, soprattutto, perché questa vittoria viene rappresentata omettendo tutta la crudeltà della battaglia, ma piuttosto come una scena di cavalleria medievale, i cui valori erano largamente apprezzati nelle corti rinascimentali.

L’ultimo esempio è Venere e Marte di Sandro Botticelli. Il quadro era originariamente una spalliera, un arredo associato ai matrimoni. E infatti, come ci suggerisce la raffigurazione del nido di vespe, era stato commissionato dalla famiglia Vespucci in occasione del matrimonio di Simonetta. La spalliera era destinata alla camera, che era un ambiente semi privato, accessibile solo ad alcuni ospiti selezionati. Così, da un lato doveva rappresentare i valori della coppia (in questo caso la castità è l’elemento predominante), ma allo stesso tempo intrattenere i pochi fortunati visitatori raccontando una storia con tanti dettagli.  In più, la camera era il posto dove i coniugi si incontravano in intimità e si diceva che se la donna, mentre faceva l’amore, avesse guardato un bell’uomo nudo (in questo caso Marte), avrebbe concepito un maschio. Viene il dubbio che il marito di Simonetta Vespucci non fosse esattamente un dio greco…

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